martedì 6 gennaio 2009

Matteo Giacchella


Mostra personale di Matteo Giacchella dal 10 al 25 gennaio 2009
Orario: tutti i giorni dalle 17 alle 20 (Lunedì chiuso)
Chiesa di San Bernardo - Jesi (Ancona)

Matteo Giacchella è nato ad Ancona il 17 luglio 1978.
Laureato all'Università di Bologna-Facoltà di Lettere e Filosofia, D.A.M.S. Sezione Cinema, ha frequentato un corso di formazione superiore come tecnico delle produzioni audiovisive.
Ha avuto molte esperienze come regista, montatore, operatore, collaborando spesso con la Regione Marche.
Con il suo cortometraggio Contrappassouno, opera prima prodotta e diretta nel 2006, ha vinto il primo premio “Manifesto Kaibakh Arti” al Festival Arti Visive Kaibakh (Castione della Presolana – 2007) ed è stato semifinalista al “David di Donatello” sezione cortometraggi (Roma -2007); ha ricevuto menzioni speciali ed è stato selezionato da vari Festival.
Matteo Giacchella si presenta come videoartista e ci propone delle vere e proprie visioni in cui l’atto del vedere comporta una più rapida comprensione, cercando di creare una simultaneità d’intuizione che avvicina l’occhio alla mente. Questo processo di intuizione è possibile nella realtà contemporanea abituata, a volte assuefatta, ad un alto impatto mediatico dato dalla produzione cinematografica, pubblicitaria e in generale televisiva che ha creato una sensibilità ed una capacità di decodifica istintiva dei linguaggi visivi propri delle immagini in movimento. Nell’atto della visione video, si rilevano la personalità artistica e l’ideologia soggiacente, mimetizzati dalla modalità d’impiego dei mezzi tecnologici ormai giunti ad alte possibilità e capacità tecniche.
Nel corso della storia della videoarte che compare già alla fine degli anni ’50, in primis è giusto ricordare l’eredità del movimento Fluxus e le figure pioneristiche di Jonas Makes o Stan Brakhage, artisti che dimostrano la diversità e la vastità di potenzialità legate alla creatività elettronica, inaugurando un nuovo capitolo nel mondo dell’espressività artistica, che riceve solo negli anni ’80 una definitiva consacrazione museale.
Matteo Giacchella sfrutta le ricche proprietà del digitale e manipola la flessibilità dei nuovi mezzi tecnologici, dando vita alle sue visioni che in alcuni casi esplorano i confini del vero “naturale”, in altri sferzano critiche pungenti al mondo tecnologico contemporaneo stesso che fagocita e produce i nuovi cervelli “ribolliti”. Il passaggio leggero ma vorticoso delle nuvole di cui si respira la soffice ma ingombrante transitorietà, divengono immagini in un certo senso pittoriche che Matteo Giacchella “scarica” e rielabora sapientemente in formato video. Così come le nuvole si tramutano in dinamiche visioni pittoriche, anche una goccia che concede la sua integrità alle superfici smerigliate di vetri spezzati, diviene il ritratto di un angolo nascosto di realtà naturale, pronta a sconfinare nel mondo delle visioni estetiche, cedendo la sua natura fisica in cambio di una più propriamente artistico - elettronica. Piega poi il video, Matteo Giacchella, a tutt’altro fine artistico. Con “Contrappassouno”, dirigendosi verso un filone critico- narrativo, immerge lo spettatore in una conturbante storia di solitudine in cui lo spirito di un deus ex machina dirige la produzione di umanoidi. Lancia inoltre in pista una problematica viva già dai primi passi della videoarte: la video ambientazione. I nuovi rapporti spaziali che le video installazioni intrattengono con i luoghi espositivi, aprono ancora una volta un’interessante frontiera tutta contemporanea sulle modalità di fruizione di questa nuova forma di opera d’arte, di cui Matteo Giacchella è pienamente consapevole. Spesse tele di ragno ingabbiano schermi che nel divorare l’umana civiltà hanno deciso di conservane le parti più appetitose. Un luminoso complesso scultoreo, ai limiti del kitsch, presenta il video Contrappassouno, lasciandoci in bocca un sorriso amaro e la paura che prima o poi possa evolversi in un letale cortocircuito.

Marta Mancini


Mostra personale di Marta Mancini dal 13 al 28 dicembre 2008
Orario: da martedì a sabato dalle 16 alle 19, domenica dalle 17 alle 20
Chiesa di San Bernardo - Jesi (Ancona)

Marta Mancini nasce il 27 novembre 1974 a Jesi, dove vive e lavora.
Dopo essersi diplomata nel 1998 all’Accademia di Belle Arti di Urbino, espone le sue opere in numerose mostre collettive e personali.
Tra le personali, la prima nel 1998 nella Galleria Scalpellini di Viserba (RN) e le più recenti nel 2008, Assente all’atelier dell’Arco Amoroso di Ancona e d2 all’Osteria del Teatro di Senigallia (AN). Nel 1998 partecipa al premio “Borsa di studio Alida Epremian” a Rimini e al “Premio Marche 1998” alla Mole Vanvitelliana di Ancona.
Tra le ultime mostre collettive, nel 2007 profilo d’arte al Museo della Permanente a Milano, sogno: titolo provvisorio a Serra de’ Conti (AN) e il male al Premio Arti Visive a Milano; nel 2008 artefatto/blitz estetico organizzato dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Trieste.
L'antico odore di olio di lino segna un tracciato spezzato ed emozionato tra le tele di Marta Mancini. Sono estesi e principalmente orizzontali gli spazi su cui si muovono le forme delicatamente combinate dell'artista. Forme geometriche che si presentano nella loro riconoscibile veste, ma leggermente fuori fuoco. E l'anima di queste forme è il colore, nelle sue variazioni sottili, nel suo aspetto materico e nella sua ancestrale alchimia. Le opere proposte in questa occasione dall’artista si modulano sul bianco e caricano di essenza cromatica quello che per definizione non è scientificamente un colore.
Le tele che propone la Mancini non si allontanano assolutamente dal concetto di reale, a cui le ultime tendenze artistiche spesso si riferiscono, mostrando una carica innovativa che ha piedi ben saldi in correnti storiche quali l’espressionismo astratto e il minimalismo. Due correnti che in un certo senso si sbeffeggiano l’un l’altra, ma da cui Marta Mancini coglie in ognuna gli elementi che le tornano utili per la sua personale espressività.
Oggetti, elementi concreti, paesaggi vengono trasfigurati dall’artista sostituendo il codice figurativo con quello non figurativo, traducendo ogni cosa in lievi e gratificanti strutture.
Sembrano richiamare linee di paesaggi familiari le opere dell’artista jesina, trasmettendoci le sensazioni di un ambiente, di un luogo vissuto e amato che evanescente fluttua nello spazio della tela, lasciando comunque una linea decisa su stratificate tele preparate.
Spesso infatti Marta Mancini ritorna su una tela che ha già ospitato altre forme, come per continuare a scrivere le pagine di un diario intimo, personale creando un moderno palinsesto. A parlare e segnare il corso del tempo, sono le forme fatte integralmente da colore. La sua ricerca dunque si allontana dall’idea di spersonalizzazione dell’artista e del suo ridotto intervento manuale, legata a molte correnti non figurative che operano per modelli geometrici.

Atelier B


Giorgio Bartocci e Leonardo Fernandez dal 09 al 23 novembre 2008
Orario: da martedì a sabato dalle 16 alle 19, domenica dalle 17 alle 20
Chiesa di San Bernardo - Jesi (Ancona)

Giorgio Bartocci è nato a Jesi il 28 marzo 1984.
Si diploma nel 2008 all'Istituto Superiore per le Industrie Artistiche I.S.I.A. di Urbino, sez. progettazione grafica e comunicazione visiva con una tesi sui linguaggi figurativi dal titolo "Moderni Primitivi".
Nel 2001 progetta e organizza un' importante rassegna itinerante di graffitismo, musica e cultura urbana "SMOKING MINDS-Urban Culture Event".
Dal 2004 partecipa ad alcune delle più importanti rassegne nazionali ed internazionali di writing e street-art come: "scritto senza inchiostro, ecko function, street fever, icone, write for gold, wild style, rockin'it, trash trainz, hand made, Jump".
Leonardo Fernandez è nato a Siracusa il 6 novembre del 1981.
Nel 2001 si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Macerata, nel 2003 al Centro Sperimentale Design di Ancona. Dopo una collaborazione con lo studio grafico Capolinea di Jesi, svolge attualmente l'attività di grafico freelance.
Nel 2004 ha inizio la collaborazione tra Giorgio Bartocci e Leonardo Fernandez che continua fino a oggi con opere a quattro mani identificabili sotto la sigla "ATELIER B".
Atelier B non scende a compromessi, ma sigla le sue condizioni per portare su pareti interne, ciò che trae la sua natura e le sue condizioni d’esistenza da un contesto in cui vigono le idee di libertà e dell’anarchia più sincera.
La Street Art, Urban art o abusivismo urbano ( diversi sono i titoli utilizzati per identificare questa recente tendenza artistica contemporanea, da considerare uno sviluppo del graffitismo della fine degli anni ’60) rimane il terreno su cui andar a scovare le radici di Giorgio Bartocci e Leonardo Fernandez, i due giovani artisti che si presentano come Atelier B. Nate come personalità artistiche distinte, i due protagonisti fondono le proprie conoscenze ed esperienze di arte urbana. Giorgio Bartocci sottopone il suo linguaggio figurativo, che oramai popola le strade della Provincia di Ancona ad una rivisitazione strutturale e geometrica che i lavori di Fernandez molto spesso testimoniano. Il procedere in gruppo o in coppia raccogliendo sotto un “nik name” intenti comuni, è una pratica più volte riconosciuta da artisti contemporanei, che negano l’individualismo romantico procedendo secondo ideologie di branco e riuscendo così a stabilire un rapporto più diretto ed elettivo con il pubblico a cui si rivolge.
Avvicinati da un curatore, figura che chi vive di strada poco riconosce, Atelier B non tradisce in nessun senso i caratteri della Street Art, ma crea un universo di produzione artistica parallela che può tranquillamente coesistere con la tradizione da cui nasce senza rinnegarla. Le opere su tela e su tavola di Bartocci e Fernandez portano nello spazio interno, chiuso (ma non per questo soffocate e recintato) le loro creature, frutto di contaminazioni genetiche, dall’estetica quasi surreale. Queste figure, che portano gli echi di una transavanguardia rinnovata, sono appena uscite dal muro o meglio ancora, non vedono l’ora di essere portate a passeggio sulle grandi superfici dei muri indossando, naturalmente, un nuovo abito adatto per uscire allo scoperto, pronte ad affrontare altre dimensioni, altri occhi e altre necessità da rappresentare. In questo spazio girano tranquillamente senza sentirsi rinchiuse, perché anche se poi subiranno delle mutazioni, ora si sentono a loro agio nell’ambiente per il quale sono nati. Per ricreare il loro habitat naturale Atelier B propone un accompagnamento musicale esclusivamente prodotto dai fratelli Cardelli. Sono suoni metropolitani dai ritmi funk – pop in cui contaminazioni elettroniche si accordano con i passi degli esseri viventi che Atelier B propone in uno spazio chiuso e ben definito. Dall’estetica del muro, di cui Mimmo Rotella ne ha reso così celebre testimonianza in Italia, la tecnica del décollage, sembra interferire nelle opere realizzate in tecnica mista in cui molto spesso gli artisti in questione si esprimono, portando in auge una ricerca oramai storicizzata che giunge ad esiti interessanti ed innovativi. A controllare il tutto, un grande Totem dalle fattezze robotiche che, inquietante, diviene un idolo di questo secolo, che si aspetta di essere adorato venerato da quella tribù che lo ha generato.

Simona Bramati


Lachesi. La filatrice del destino
Mostra personale di Simona Bramati dal 13 settembre al 05 ottobre 2008
Orario: tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 19.30 (Lunedì chiuso)
Salara Palazzo della Signoria - Jesi (Ancona)

Simona Bramati è una giovane pittrice di origini anconetane scoperta e lanciata da Vittorio Sgarbi.
Dopo le prestigiose partecipazioni alle collettive “Il male. Esercizi di pittura crudele” alla Palazzina di Caccia di Stupinigi a Torino e “Arte Italiana 1968 – 2007: Pittura” a Palazzo Reale di Milano, l’artista è ora protagonista di una grande mostra personale in terra natale, allestita nella Sala della Salara di Palazzo della Signoria di Jesi.
Il titolo della mostra “Lachesi. La filatrice del destino” fa riferimento al mito greco delle tre Moire, incarnazione visiva dello scorrere incessante del tempo, che lentamente consuma la vita dell'uomo. Le Moire, infatti, secondo la rappresentazione epica, regolavano per ogni mortale la durata della vita, dalla nascita alla morte, con l’aiuto di un filo che una filava, la seconda avvolgeva e la terza tagliava allorché la vita corrispondente era terminata: Clothò è la “filatrice”; Lachesis, che significa per l’appunto “destino, sorte”, assegna a ogni uomo il suo destino; Atropos allude invece all’ "inesorabile" recisione dello stame della vita.
In questa narrazione mitologica si rivela pienamente la carica simbolica della ricerca dell’artista: la volontà di riportare in superficie l’irrequietudine legata alla precarietà del destino dell’uomo. Simona Bramati esprime, attraverso una raffinatissima tecnica pittorica, l’esigenza di fornire un volto, seppure simbolico, all’irrazionale. Il destino viene per così dire personificato, celandosi dietro delle immagini iconografiche misteriose.
Il percorso espositivo si snoda attraverso la successione di ventiquattro opere pittoriche, olii su tela, che dimostrano una forte sensibilità nei confronti delle tecniche, degli stili e dei materiali connessi alla pratica della pittura, con un occhio di riguardo alla lezione dei maestri antichi. In una sezione a parte, è presentato in anteprima un ritratto dell’artista in forma di video-installazione, intitolato “Effigiem Bramati”, realizzato da Sergio Marcelli.

L'iniziativa


Nuove Sviste è un progetto, elaborato da Loretta Mozzoni e Simona Cardinali, curatrice della sez. di arte contemporanea della Pinacoteca Civica di Jesi (AN), in collaborazione con Francesco Maria Tiberi dell'Ufficio Cultura, che intende valorizzare e promuovere le ultime tendenze dell'arte contemporanea ed offrire alla creatività giovanile delle occasioni di visibilità, favorendo lo sviluppo di un circuito culturale ed artistico in un territorio bisognoso di manifestazioni ed occasioni di scambio indirizzate in particolare ai giovani talenti.
La scelta degli artisti, tutti operanti nella provincia di Ancona, così come la scelta di coprire con essi un ampio spettro di correnti, delinea uno degli obiettivi su cui si fonda la validità del progetto, vale a dire l'offerta, ai potenziali fruitori d'arte, di una molteplicità dei linguaggi espressivi nei quali è facile rinvenire il riverbero delle varie tendenze artistiche nazionali ed internazionali.
Parte sostanziale del progetto è il legame tra i giovani artisti scelti e la cittadinanza, prestando particolare attenzione alla popolazione scolastica. Per ciascuna delle nove personali, che da Settembre proseguiranno fino al mese di Giugno 2009, sono previste infatti sia una presentazione dell’evento sotto la forma dell'happening, sia un incontro con le scuole medie superiori in cui sarà affrontata, in modo stimolante, la questione del ruolo dell’artista nel mondo contemporaneo.
Per ogni artista è stata realizzata una piccola pubblicazione con immagini e testo critico da inserire in una cartella, corredata anch’essa da un testo critico sulla situazione contemporanea locale, che si può ritirare gratuitamente nella sede delle mostre, insieme ad un piccolo gadget.
Dopo la mostra di Simona Bramati, che dà il via all'iniziativa a Palazzo della Signoria, gli altri otto appuntamenti si "snodano" nella Chiesa di San Bernardo.

Nuove Sviste: Nove percorsi d'arte contemporanea è un'iniziativa organizzata e promossa dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Jesi e dai Musei Civici, con il fondamentale sostegno dell'Assessorato alla Cultura della Provincia di Ancona.